Stella Meravigliosa - Yukio Mishima
Troppo spesso mi ritrovo a chiudere un libro per aprirne subito un altro, quasi fosse una competizione per leggerne il più possibile, senza dar tempo ai concetti racchiusi nella trama di germogliare. Me ne rendo conto quando mi metto a scrivere la recensione di un libro che ho finito solo qualche mese prima e riesco a ricordare a mala pena l’argomento principale. Questa volta con Stella Meravigliosa invece ho deciso di iniziare la recensione subito dopo aver terminato la lettura, per imprimere a fresco le sensazioni che questo curioso libro mi ha fatto provare. Si tratta di un’opera del 1962 di Yukio Mishima, il più grande autore giapponese dello scorso secolo, e rientra nel suo periodo più maturo. La trama narra inizialmente di una inusuale famiglia giapponese di cognome Ōsugi, la quale si rende conto di avere origini aliene. Assistendo a diversi avvistamenti di astronavi, i membri della famiglia si accordano per non far trapelare la notizia di essere extraterrestri, evitando così attenzioni indesiderate. Ognuno dei familiari proviene da un pianeta diverso, e ciascuno inizia a interiorizzare il fatto associando diversi lati del proprio carattere con il pianeta natale. La figlia Akiko proviene da Venere, ed è per questo dotata di una bellezza eccezionale, il fratello Kazuo invece da Mercurio che lo rende un giovane ricco di speranze agli occhi della gente. Tutti nella famiglia sentono di essere speciali, diversi da tutti gli altri “terrestri” che vivono attorno a loro. Questa unicità però finisce col far sentire al padre una responsabilità verso il pianeta che li ospita. La missione che si pongono è quella nel portare la pace sulla Terra, con azioni concrete come scrivere delle lettere al primo ministro dell’Unione Sovietica chiedendo di abbandonare l’atomica, o intervenire all’Associazione amici dell’universo per riportare avvistamenti e informazioni sulle attività extraterrestri. Da qui in poi i personaggi riveleranno dei tratti piuttosto umani. Per esempio assisteranno a nuovi avvistamenti e segnali dallo spazio, la figlia Akiko rimarrà incinta di un dongiovanni e un gruppo di adulti frustrati dalla società con a capo un professore universitario squilibrato, scoprirà il segreto della famiglia presentandosi a casa loro.
Negli ultimi capitoli appare una discussione riguardo uno dei temi del romanzo; cosa debba esser fatto per salvare un pianeta dominato da umani troppo individualisti, che pensano solo ai piaceri materiali. Da una parte ci sono tre uomini frustrati dalla società che vedono la salvezza nella distruzione totale della specie umana, nell’annientamento totale tramite l’atomica. Non hanno un vero piano, ma discutono superficialmente del perché l’umanità sia piena di difetti e per questo non debba essere salvata. I tre uomini sono motivati da un risentimento che nasce da profonde delusioni provate nella loro vita, chi verso le donne che lo hanno sempre respinto e snobbato, chi verso chiunque non sia la sua adorata famiglia, che ama e che non smette di ricordare ai compagni quanto intenda salvarla dal massacro. Dalla parte opposta c’è il padre, Jūichirō Ōsugi, che concorda con loro i tre uomini che l’umanità non stia andando nella direzione migliore possibile soprattutto per via del rischio di un conflitto atomico che distruggerebbe il pianeta. Al contrario del gruppo però, il padre della famiglia desidera salvare il pianeta e sente che il suo fine, in quanto dotato di poteri extraterrestri, è quello di aiutare gli umani a non cadere in errore. La conclusione del libro si focalizza su una riflessione che fa il padre sulla sua vita non vissuta pienamente e sul sacrificio vano che ha fatto per comunicare ai terrestri i pericoli che correvano se avessero continuato a essere incauti.
Nell’intreccio della trama, tra astronavi e discorsi filosofici su come diversamente scandiscono il tempo umani e alieni, Mishima inserisce alcuni riferimenti storici che dominavano la scena politica di quegli anni come l’America di Kennedy e l’Unione Sovietica di Khrushchev. I tre uomini del racconto si considerano degli alieni, esseri superiori in grado di conoscere e decidere le sorti dell’umanità, e che non farebbero altro che ascoltare la loro parte irrazionale qualora si trovassero dinnanzi al pulsante in grado di lanciare l’atomica. Chi dà il permesso a certe persone di poter premere il pulsante? Quando i nostri governanti scatenano guerre e lanciano bombe sui civili, si sentono per caso esseri superiori, extraterrestri, oppure dei semplici umani, egoisti e con manie di grandezza? Per fortuna gli squilibrati nel libro non hanno alcun potere nelle loro mani per sterminare l’umanità, perché non esiterebbero a farlo per futili motivi. La domanda che sorge dal lungo discorso tra gli uomini e il padre è: se fossimo noi ad avere quel pulsante davanti, come ci comporteremmo?
Il racconto nasce dal terrore per un conflitto atomico che dominava gli anni della guerra fredda, in cui un comportamento scellerato di un solo paese avrebbe potuto rovinare per sempre la bellezza del nostro pianeta.
Mishima nel romanzo include anche il tema del significato della morte, così importante nelle sue opere da aver spinto l’autore a ricercare una fine gloriosa egli stesso. In questo libro, la morte è un simbolo che mette gli umani tutti sullo stesso piano. Anche coloro che si considerano alieni non possono fuggire da un evento terrestre, il quale è capace di togliere il velo e mostrare il fragile lato del tutto umano dei personaggi del libro. Il padre della famiglia, terrestre come gli altri, sarebbe forse disposto a morire per salvare il pianeta dalla distruzione e rivelare agli umani come fare per rendere la Terra una stella meravigliosa. Da questo nasce una riflessione più che sulla morte, sulla vita. Qual è il suo senso? Per cosa viviamo? Dove possiamo trovare il significato dentro di essa senza appoggiarci a giustificazioni religiose? Una riflessione importante che coglie la civiltà in un periodo buio dove i governanti sembra abbiano dimenticato il vero valore della vita umana.